Nel caso si sospetti l’osteoporosi, malattia dello scheletro caratterizzata dalla compromissione della resistenza dell’osso, che predispone ad un aumento del rischio di fratture e che diventa più frequente nella donna in menopausa, soprattutto in presenza di alcuni fattori di rischio, l’indagine diagnostica di riferimento è la densitometria o MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata).
Si tratta di una metodica innocua, di facile esecuzione e di costo relativamente contenuto, che consente di misurare in modo accurato e preciso la massa e la densità minerale ossea, considerata un importante fattore della resistenza meccanica dell’osso.
Il risultato della densitometria, se patologico, va sempre fatto seguire da una valutazione più complessiva che può o meno consentire di formulare la diagnosi della malattia.
Attualmente l’esame di riferimento per la diagnosi densitometrica di osteoporosi è rappresentato dalla densitometria a raggi X del femore e della colonna lombare con valore predittivo del rischio di frattura più elevato se viene misurato il sito specifico.
Anche se in misura inferiore, la valutazione densitometrica a raggi X di siti periferici (polso, calcagno,) è comunque predittiva di fratture in sedi scheletriche clinicamente più rilevanti quali quelle vertebrali e di femore.
Tuttavia mentre i metodi che misurano la densità ossea del rachide o del femore prossimale sono adatti a porre diagnosi di osteoporosi, la densitometria ossea periferica deve invece essere utilizzata solo come indice di aumentato rischio di frattura e pertanto il sospetto diagnostico va poi confermato con una valutazione a livello del femore o del rachide.
La densitometria della colonna lombare è preferita nel monitoraggio della massa ossea postmenopausale o in corso di terapia cortisonica. Il sito lombare è tuttavia poco accurato nelle persone anziane per l’interferenza di osteofiti vertebrali, calcificazioni extra-scheletriche o, paradossalmente, per esiti di frattura. Per questo motivo e per la maggiore capacità predittiva della frattura in quella sede, la valutazione della densità femorale può essere preferibile dopo i 65 anni.
Quando fare la densitometria
La valutazione delle variazioni della massa ossea nel tempo può risultare utile sia per monitorare l’efficacia di un eventuale trattamento sia per individuare soggetti che stanno perdendo osso ad una velocità eccessiva. L’intervallo di tempo necessario per rilevare una variazione della massa ossea nel tempo dipende dalla velocità della variazione nel sito scheletrico in esame e dal coefficiente di variazione (CV) della tecnica.
Non c’è accordo sull’utilità di far eseguire uno screening generalizzato del rischio di osteoporosi con l’esame densitometrico a tutte le donne in menopausa, in quanto i benefici connessi al trattamento sono molto superiori ai rischi ed ai costi connessi all’indagine diagnostica.
Esiste invece ampio consenso nel consigliare l’indagine densitometrica solo su base individuale ed in considerazione dell’età e della presenza di fattori di rischio. Ad esempio, a parità di massa ossea il rischio di frattura aumenta di 2 volte per ogni decade di vita oltre la quinta e di 3 volte se il paziente è già andato incontro ad una frattura.
Poiché la valutazione densitometrica non è gravata da alcun rischio per il paziente, l’unica sua limitazione consiste nell’eventuale suo sfavorevole rapporto costi/benefici: di conseguenza la presenza di fattori di rischio nella donna devono costituire la premessa clinica all’esecuzione dell’esame.
In linea generale tutte le donne in menopausa con fattori di rischio aggiuntivi, dovrebbero effettuare una MOC ad intervalli di uno-due anni ed iniziare una terapia farmacologica se la perdita ossea annua supera il 3% corporeo totale.
Donne a rischio per osteoporosi:
Approfondimenti diagnostici: quando e quali ?
Una valutazione clinica complessiva (anamnesi accurata ed esame obiettivo) è indicata in tutti le pazienti nelle quali sia presente una demineralizzazione ossea o fratture non-traumatiche non spiegate dalla presenza di fattori di rischio adeguati.
In questi casi va sempre esclusa la secondarietà dell’osteoporosi o la presenza di altre patologie: è infatti possibile che la ridotta densità ossea rappresenti una manifestazione di patologie endocrine, metaboliche, renali, reumatiche, gastroenteriche, ematologiche o di deficit nutrizionali o di effetti farmacologici jatrogeni (corticosteroidi, anticonvulsivanti, ormoni tiroidei). Talvolta invece un risultato densitometrico patologico o fratture patologiche sono l’espressione di patologie più gravi come l’osteomalacia, il mieloma multiplo, le metastasi scheletriche o l’osteodistrofia renale, che vanno ricercate con un’appropriata diagnostica differenziale.
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